Venerdi Santo al Modernissimo di Napoli alle 18:30 e alle 20 :30 sarà eccezionalmente visibile gratuitamente “Letter from an imaginary man”, un progetto multimediale e un documentario della video artista campana Matilde De Feo che parla d’amore. Di lettere d’amore.
Il film prodotto nel 2015 torna a Napoli dopo la proiezione al cinema KINO di Roma, il successo al FilmMakerFest di Milano e la partecipazione alla VII edizione di Astra Doc, rassegna di cinema del reale di Napoli.
Ironico, romantico, intimo e immaginifico, trasversale al tema dell’amore, il lavoro di 40′ oscilla tra il cinema e la video arte, attraversando la video performance.
Abbiamo incontrato la giovane regista che ci parla di film, progetti e emozioni.
Con quale domanda vuoi cominciare? Quale ti piacerebbe?
Partire per dove, dove vuoi andare? Scegliere un posto e immaginare di partire domani, ma forse è decisamente fuori tema. Viaggio abbastanza per lavoro, ma non è la stessa cosa, in questo momento mi piacerebbe allontanarmi senza un fine preciso, riposare attraversando scenari diversi, l’idea è chiara e anche il desiderio.
Come definisci il tuo lavoro di videoartista in relazione al mondo del cinema?
Non credo troppo nelle definizioni e neppure nei generi, piuttosto mi interessa parlare di linguaggi, di contaminazione quasi pop dei codici, languageis a virus, e le nuove forme sono necessarie e contagiose. Il cinema, il documentario nello specifico, offre grande libertà espressiva, è quindi, per un creativo, un buon territorio, dove esplorare e sperimentare soluzioni nuove e personali. In questo senso il mio lavoro si apre al cinema, si sposta dal campo delle arti visive per sperimentare.
Prossimi progetti?
Il prossimo progetto è un nuovo lavoro di documentazione visiva e d’incontro con soggetti volontari, circoscritto a un territorio preciso. Il tema è molto attuale, poetico e politico, è stato commissionato,tutto ancora in fase di partenze, ma sono scaramantica e quindi di più non dico.
Continuazione Letter from?
Letter from è in distribuzione, almeno per un paio di anni. Ho desiderato e ancora desidero fortemente che il lavoro resti aperto, un’opera aperta per dirla alla Eco, un inventario, qualcosa da riformulare e rimescolare come le storie delle persone che lo hanno scritto. Dopo questo primo montaggio lineare, realizzato con grande sforzo produttivo con Giuseppe Beneduce, mi piacerebbe realizzare, con il materiale raccolto, quasi trenta ore, un montaggio non lineare, solo visivo, emotivo. Ho capito che mi interessa fotografare le storie più che raccontarle, incontrare le persone su un tema, documentare questo incontro attraverso l’espediente del ritratto, non credo mi interessa l’idea di fare un film con una sceneggiatura perfetta.
C’è una lettera che avresti voluto scrivere e non hai spedito? Perché?
C’è solo qualcuno che avrei voluto incontrare…e non è accaduto per ragioni varie. La lettera è un mezzo, è un modo per entrare nella vita di un altro, è una mediazione. Credo di essere cresciuta, e piuttosto che scriverevorrei incontrare senza timore, essere più vera e diretta.
Scrivere è un espediente magnifico, un’esperienza generativa ma anche un po’autoriferita, buona per farci un film. Questa è la mia riflessione più consapevole circa il dato autobiografico e personale del lavoro.
La lettera che hai scritto e inviato più importante della tua vita?
Ne ho ricevute molte ma non ne ho mai scritte. Scrivo i progetti, Letter from è una scrittura personale e universale, diretta, come una specie di enorme regalo inconsapevole, ai miei genitori, raccontarli attraverso il mio linguaggio, fermali nel tempo assieme ad altre storie che non mi appartengono ma che ho fotografato con lo stesso coinvolgimento. Forse è la cosa più importante che ho scritto fino a questo momento, ma me ne sto rendendo conto adesso…
La storia documentata che ti ha emozionato di più?
Quella di Xiaoling, un’attrice, un’intellettuale cinese, arrestata in Cina negli anni settanta perché aveva una relazione con un italiano. Le lettere in questo caso sono state un espediente magnifico di liberazione, ma veramente però!
Giovanni Salzano