Guardandosi allo specchio, una donna non vede mai se stessa. Lo specchio è spesso metafora di desideri inconfessabili, storie dimenticate, paure ataviche e nature nascoste. Ida (Margherita Di Rauso) e il suo doppio convivono sotto lo stesso tetto, a Roma. Donna sola, insegnante pacata e claudicante, con il lutto del padre sempre sulla pelle, veste solo di nero, la protagonista di “Week end” sopravvive trascorrendo le sue giornate in un turbinio di gesti che non portano a nulla. La sua vita si divide tra la scuola e il dopo-scuola, la musica francese, i libri, le sigarette, opportunamente nascoste in un carillon musicale che, aperto di continuo, nasconde uno specchio, e una finestra, le cui tende vengono ossessivamente mosse dalla proprietaria in un desiderio continuo di mostrarsi e ritrarsi dal mondo.
La gestualità della Di Rauso accompagna le parole del testo di Annibale Ruccello, in simbiosi perfetta. Il problema della messinscena consiste però nell’eccessiva lentezza: i tempi si dilatano, quasi a sottolineare concetti che la bravura dell’attrice protagonista – da brividi il suo monologo sulla ‘donna con lo zampone’ – hanno già ampiamente espresso. Come dice il proverbio, ‘il troppo stroppia’ e la sensazione generale che lascia questo allestimento di “Weekend”, con la regia di Luca De Bei, è di un desiderio concitato, forse anche legato ad una grande ammirazione per l’autore, di mostrare più di quanto necessario, perché già perfettamente incarnato dal testo, con un risultato purtroppo ridondante. E l’uso dell’avverbio non è casuale, in quanto si avverte il gran lavoro nella regia – attenta a non allontanarsi da quanto scritto dall’autore – nella recitazione – estremamente curata sia dal punto di vista fisico che vocale: splendidi i cambi di voce della Di Rauso, tante Ida in una – nelle scene e nelle luci.
Indovinatissime le trovate al limite dell’horror nelle scritte che compaiono al di sopra del sipario, ad indicare lo scorrere dei giorni del weekend del titolo, nelle musiche e nell’irrealtà di un luogo dichiarato, la cui finestra dà però sul nulla, scelta che appare metafora della pièce. È proprio questa vena ‘di genere’ che dimostra ancora la drammatica attualità dell’opera di Ruccello e la lucida comprensione dell’universo femminile, ritratto così come si presenta.
Un quotidiano irrisolto in uno stato di follia è racchiuso nelle geniali scene di Francesco Ghisu, ricercate e specchio anch’esse del dramma nella sua duplice natura di reclusione e ricerca di una libertà vicinissima, eppure autopreclusa da una finestra e celata da una tenda. E, forse, non è la tenda a nascondere Ida all’esterno, ma piuttosto il contrario e, con il mondo, si celi anche un po’ a se stessa.
Weekend
di
Annibale Ruccello
con
Margherita Di Rauso
Giulio Forges Davanzati
Gregorio Valenti
scene Francesco Ghisu
costumi Lucia Mariani
disegno luci Marco Laudando
regia
Luca De Bei
Emma Di Lorenzo