In un momento storico in cui si combatte per l’adozione di figli da parte di coppie gay e sui giornali si sponsorizzano pancioni e gravidanze da star, quanto è cambiata la visione di essere madre?
Domanda alla quale sembra difficile dare un risposta netta, precisa.
Un argomento che mette insieme coscienza, morale, religione e che si imbatte inevitabilmente contro un muro di pregiudizi e di idiosincrasie. Le vecchie generazione sono cresciute con l’idea tradizionale di famiglia…quella composta da mamma, papà e figli. Ma soprattutto quella in cui l’amore per essa regnava sovrana.
Poi le evoluzioni sociologiche del tempo hanno man mano modificato l’idea stessa di famiglia; la donna ha conquistato la sua indipendenza, e con essa la sua libertà mentale, intellettuale. E come un gioco forza, nel tempo più la donna ha ricoperto un ruolo “extra” familiare, più il rapporto uomo/ donna è cambiato.
Il passo dalla famiglia fiabesca a quella odierna, fatta anche di una mamma che lavora e di un padre che fa il “mammo”, è presto fatto.
A far leva su questa nuova “immagine” una serie di fattori rintracciabili non solo in una sfera culturale, sociologica, ma anche economica. Cresce il fabbisogno di una famiglia, cresce la possibilità che una donna debba partecipare economicamente al sostentamento di essa. E così sempre più donne dedicano il tempo alla propria carriera, al lavoro, agli impegni, alle passioni, razionalizzando la scelta di “diventare” madri.
Basta accendere la tv per ascoltare notizie di donne che hanno deciso di diventare madri oltre i 45 anni, che concepiscono figli in provetta con un padre anonimo perché stanche di non trovare l’uomo giusto, o di chi semplicemente sceglie un uomo a caso solo perché arrivato il tempo biologico per diventare mamma.
E così forse che la libertà conquistata nel tempo da parte delle donne sta mostrando il suo lato oscuro, o quantomeno il suo eccesso contrario. Molte donne iniziano a vedere la “scelta”, la “possibilità” di essere madri come il baluardo della propria emancipazione, una tappa di vita da raggiungere, un traguardo. Ma quanto in questi discorsi si fa riferimento al vecchio valore in cui i figli sono il frutto di un amore? Forse ben poco…quello che fuoriesce è forse l’egoismo umano di provare nuove esperienze, e dopo il matrimonio, la convivenza, il successo lavorativo è il momento di diventare madri. Il tutto sembrerebbe quasi un piano perfetto per una vita felice, se non fosse che molte donne decidono di vivere queste esperienze come evento isolato e non propedeutico ad altri. Concepire un figlio dovrebbe in primo luogo essere un atto di responsabilità verso se stessi e verso l’altro; ma quante donne invece scelgono di concepire un figlio solo perché si è raggiunti l’età giusta o perchè è un modo per recuperare un rapporto in frantumi o superare un momento difficile di vita?
Il discorso perde ogni suo valore o quanto meno mostra la sua bipolarità se affrontato in un’ottica femminista nella quale è ovviamente ingiusto pensare che una donna debba restare legata a un uomo solo per la presenza di un figlio, o rinunciare al sogno solo per non aver trovato l’amore. Ma è anche vero che se da un lato è legittimo concedere a una donna il diritto di diventare “madre” come e quando desidera, dall’altro questa scelta non deve essere frutto solo di un bisogno, di una voglia, di una moda o di un percorso di vita. Bisogna star attenti a non diventare vittime di una “indipendenza” acquistata con tanta fatica, se non fosse solo per il rischio di diventarne addirittura schiave.
Senza inoltrarsi in discorsi di psicologia spicciola sono i dati allarmanti a mostrare l’immagine una società che cambia, perchè a cambiare è la prima struttura sociale, la “famiglia”.
Negli ultimi anni sono cresciuti i divorzi e le separazioni; il 72% delle separazioni e il 62,7% dei divorzi hanno riguardato coppie con figli avuti durante il matrimoni; il numero di figli coinvolti è stato 65.064 nelle separazioni e 22.653 nei divorzi.
Solo nell’ultimo biennio, inoltre, si sono moltiplicati i casi di donne che si rivolgono a banche del seme in Spagna, Olanda e Danimarca per la fecondazione assistita con seme anonimo. Mentre cresce vertiginosamente il numero di siti e profili social per la vendita illegale di sperma.
È evidente che se si affronta il problema a monte, ossia perchè scegliere di diventare madri, si rischia di cadere nella sua complessità toccando il significato di libertà nella sua essenza.
Allora forse se questo risulta difficile, bisognerebbe almeno affrontarlo a “valle” e puntare l’attenzione su come gestire il rapporto madre/figli.
Se il compito delle vecchie generazioni è stato quello di raccontare la favola della famiglia perfetta, quello dei giovani genitori single è quello di insegnare ai figli che anche se non sono “frutto” di un amore tra due persone rappresentano comunque il futuro, la speranza, l’indipendenza e soprattutto la libertà.
Se è cambiata la società e sono cambiati i valori, se non si può sempre offrire ai figli l’immagine di due genitori che si amano allora bisogna lottare affinchè almeno questi bambini possano credere in altro. Se le donne negli ultimi anni hanno lottato per essere libere, per essere madri single, gay, autonome allora bisogna insegnare loro la stessa libertà.
Costruire una generazione fatta di uomini/donne cresciuti tra i silenzi di genitori infelici, guerre legali o ricerche affannate di un’identità, serve solo a distruggere il percorso che ha portato la donna ad essere quello che è oggi. I figli non possono e non devono rappresentare il simbolo di una scelta, di una rinuncia, di una voglia, di una moda, di un emancipazione; in tal caso non ci si assume la responsabilità di essere genitore, ma solo l’egoismo di fare un’esperienza di vita.
di Daniela Romano